Il
mese di Maggio non può non rievocare quell’intensa esperienza che abbiamo
vissuto, per la prima volta, due anni fa. Tanti lieti ricordi dei tanti volti
incrociati per le vie del paese, dei loro sorrisi sinceri e calore umano; tante
emozioni che non si sono mai respirate nelle campagne elettorali iniziate nei
teatri e finite poi con le "grandi abbuffate".
D'altronde
se togliamo da queste campagne elettorali le abbuffate “scialate”, che hanno
l’unico obbiettivo di raccattare voti per il candidato “scialatore”, sicuramente
l’elemento aggregante non sarà il
programma elettorale.
Questo
modo di intendere la politica è drogato, allucinogeno, forse è per questo che
puntualmente ci ricaschiamo. Funziona così da sempre e ci abbiamo fatto oramai
l'abitudine. E' assurdo!
Difatti,
in consiglio comunale siedono sempre gli stessi personaggi che puntualmente, a
seconda di come tira il vento, cambiano casacca (così come abbiamo potuto
constatare - quest’anno - con i consiglieri De Punzio e G.Bruno) e quando anche
nuove figure piene di buoni propositi riescano ad entrarvi, accade che queste
perdano fiducia negli stessi che li avevano spinti a candidarsi. Poi ci sono
quelli che con i loro voti consentono prima alle coalizioni di vincere le elezioni,
salvo poi prenderne – regolarmente - le distanze, come voler ritrovare quella
verginità perduta (tanto tempo fa).
I
risultati delle suddette dinamiche sono, ormai, sotto gli occhi di tutti e Latiano
continua ad assistere sofferente a questa politica così espertissima nel mal
amministrarla. Eppure se siedono lì è perché qualcuno gli rinnova la fiducia
con il voto o con la propria candidatura in una delle tante liste e listini
associati ai soliti personaggi. E pensare che senza quel qualcuno questi
politicanti non potrebbero contare neppure sulla fiducia dei propri congiunti.
Sarà
per questo che in soli due anni di amministrazione Maiorano, i cittadini
latianesi hanno già assistito a ridicoli teatrini. Ci riferiamo a coloro che,
dopo esserne stati i primi sostenitori, hanno preso le distanze da questa
maggioranza: l'ex-vicesindaco Cosimo Albanese, l'ex-assessora Milone e la
rispettiva componente consigliare della lista "Noi ci siamo" (Errico
e Antonucci), l'ex-assessora Maria Paola Ingusci e gli Ecopacifisti Calcagno e
Pizzi, la consigliera dimissionaria Lidia Mingolla (a dire il vero le ragioni
delle sue dimissioni sono ancora ignote) e da ultimo la rinuncia della
subentrante Daniela Caliolo in favore di Domenico Nacci. Nessuno di questi ha
mai sentito il dovere di rendere conto alla cittadinanza del proprio mandato
istituzionale, né di spiegare pubblicamente il vero motivo della loro sfiducia
nei confronti del sindaco e della ormai sparuta maggioranza; al di là dei
comunicati scontati che i cittadini hanno sorbito negli ultimi mesi sono ancora
poco chiari, salvo rarissimi casi, i motivi di queste prese di posizione.
Le
reali ragioni della sfiducia sono da ricercare, probabilmente, nei tantissimi
latianesi che, traditi dal voltafaccia del sindaco, hanno iniziato a
considerare il fatto che non c’è mai stata una reale discontinuità con il
passato.
Stessi
nomi, stessi interessi, stesso modus operandi!
Queste
vicende amministrative di Latiano ci hanno quindi portato alla mente l'opera
"Pagliacci" di Ruggero Leoncavallo dove la platea di spettatori
assiste, ignara di cosa stia accadendo sul palco, alla trasformazione della
farsa in un dramma. Ammaliato dalla bravura degli attori (i soliti a calcare la
scena), il pubblico comprende troppo tardi che lo spettacolo al quale sta assistendo
non è più finzione; l’opera teatrale diviene così un’inquietante realtà.
La
suddetta opera sembra rappresentare la triste realtà politica latianese dove il
silenzio assordante dei cittadini/spettatori, che due anni fa sono stati
ammaliati dai soliti politicanti che calcavano il palco, sta conducendo la
nostra città al baratro.
Come
possiamo ancora assistere in silenzio dinanzi a chi dice una cosa in campagna
elettorale e poi, una volta eletto, ne fa un'altra?
Chi non
rispetta gli impegni presi con i propri concittadini non merita più di sedere
su quella poltrona, e la propria coscienza dovrebbe suggerirgli di non ricandidarsi
più le volte successive.
“La
commedia è finita!”
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