Nel mese di Luglio, in una Latiano che la crisi ha reso
assai affollata, è nato con un paio di incontri pubblici il comitato “Salviamo
la casa di Bartolo Longo”. L’idea –stando a quanto scrive gazzetta del
Mezzogiorno – pare esser stata lanciata da Al Bano Carrisi (il famoso Al Bano nazionale)
in un precedente convegno sul tema «Latiano, città turistica», organizzato dalla
locale associazione l’«Isola che non c’è». Obiettivo del comitato “è quello di
promuovere – riprendiamo sempre da GM -
l'acquisto pubblico della casa natale del Beato a Latiano e sostenere la
promozione e lo sviluppo turistico della città di Latiano". Gli incontri
che hanno visto la nascita del comitato, oltre al già citato Al bano, ha
mobilitato figure politiche locali e non, quali il Presidente del Consiglio
Regionale Onofrio Introna, il notaio Michele Errico (ex Presidente della
provincia di Brindisi), il presidente di Federalberghi Pierangelo Argentieri,
diversi consiglieri comunali ed ex amministratori: Palmiro De Nitto, Ada Spina
e Oronzo D'Angela, Giuseppe Caforio. Assai significativo è stato l’appello di Al
Bano che spera di raggiungere l’obiettivo «di coinvolgere i cittadini di
Latiano, della Regione, ma anche tutti gli italiani sull’importanza di questa
figura che deve restare patrimonio dell’intero Paese, a partire dalla tutela
della casa natale del beato». E su questo non possiamo che dargliene atto. Intanto c’è
da dire che da una perizia disposta dalla giunta comunale ed eseguita dall’ing.
Salvatore Chionna, il solo valore della “casa” si aggirerebbe intorno ai
550.000€; se poi, come è nell’intenzione del comitato, la si vuole rendere
fruibile in un eventuale progetto turistico, allora il costo dell’operazione
non si limiterà al semplice (seppur salato) acquisto dell’immobile.
Noi di
Latiano5stelle riteniamo invece che lo stesso denaro, anziché investirlo
nell’acquistare parte della casa del Beato (ricordiamo che il palazzo è in
vendita solo in parte poiché la restante, ricca di beni appartenuti a Bartolo, è abitata dagli eredi
Longo), si potrebbe utilizzare in un progetto che percorre ugualmente la via
tracciata dall’opera del Beato Bartolo Longo, come la sicurezza degli edifici
scolastici, magari con un progetto di risanamento e di messa a norma intitolato
proprio al beato. Infatti l’opera, umana e religiosa, di Bartolo ebbe inizio
con la realizzazione dell’”orfanatrofio” di Pompei, che non ospitava bambine e
bambini senza genitori, per i quali gli orfanatrofi esistevano già, ma
accoglieva gli orfanelli della legge:
fanciulli a cui, seppure rimasti soli perché i genitori erano in galera, non
era riconosciuta alcuna forma di ricovero e protezione. Il pio Bartolo, da buon
cittadino e da buon cristiano, fu animato da un unico obiettivo: «Educare, educare, educare, ecco l’alfa e
l’omega di ogni riforma – si legge nell’opera Educazione morale e civile dei figli dei carcerati – ecco la medicina di malattie sociali
divenute incurabili». Attraverso (quella che oggi chiameremmo) una raccolta
fondi riuscì ad edificare la “Casa di
ricovero e di educazione per i figli dei carcerati, e attraverso questo
luogo si oppose al principio positivista i
figli di padri delinquenti debbono nascere anche essi delinquenti”. E per
avere ragione sulla Scienza positiva il beato Bartolo sapeva che oltre alla
preghiera, nell’opera educativa era necessario l’Edifizio (non a caso il beato scriveva la parola edifizio con la lettera maiuscola) che
avesse ampissimi e lucenti corridoi che parevano annunziare l’ingresso in saloni di una reggia, che
davano a spaziose, lunghe e candide sale
in cui l’igiene regna sovrana. Il
Beato era solito sottolineare che l’architettura, la pulizia e l’igiene dei
locali destinati ai fanciulli dovevano essere l’emblema di valori morali;
infatti nell’opera Quaranta figli dei carcerati Egli
scriveva: «il modo col quale queste sale
sono state architettate e costruite, la loro esposizione, la loro austera
semplicità, l’ordine e la nettezza fino allo scrupolo, rivelano i concetti
morali ed igienici che hanno sempre guidato i fondatori ed i continuatori di
quest’Opera al tutto nuova e singolare».
È chiaro che impegnarsi per
l’acquisto della casa del beato, sia più semplice dell’occuparsi della
disastrosa situazione in cui versano gli edifici scolastici di Latiano; e
questo modo di onorare la memoria del Beato Bartolo Longo, acquistando parte
della sua abitazione, noi lo consideriamo più semplicistico che semplice!
Inoltre crediamo che la comunità latianese, specialmente tra le sue generazioni
più giovani, abbia più bisogno di veder continuata l’opera di Bartolo Longo
nell’impegno educativo, rendendo sicuri e vivibili gli edifici scolastici ,e
non dell’acquisto di parte della abitazione appartenuta al Beato attualmente in
vendita. Comunque, seppur poco esperti di prassi elettorali, non ci è sfuggita
la tempistica con cui l’associazione “L’isola che non c’è” ha dato vita al
comitato in parola; e consapevoli della nostra inesperienza, non vogliamo in nessun
modo legare, in questa sede, la scelta di costituire il comitato “Salviamo la
casa di Bartolo Longo” ad una prossima entrata in campo (elettorale)
dell’associazione “l’isola che non c’è” o di personaggi che ne fanno parte. È
chiaro che tutto è possibile (e anche legittimo), ma noi siamo sicuri che per
queste cose a nessuno salterebbe in mente di strumentalizzare la memoria di un
uomo di fede come il Beato Bartolo Longo.
Concludiamo questa nostra nota, con la testimonianza della profonda
coscienza sociale e civile (oltre che di fede religiosa) del Beato Bartolo, il
quale diceva che l’Opera che stava edificando sarebbe servita per i «figli abbandonati per educarli alla religione ed all’arte,
all’amore del lavoro ed alla ubbidienza delle leggi, alla coscienza dei propri
diritti, e in parte alla conoscenza del proprio dovere». Impegniamoci
allora a riconoscere alle nuove generazioni i diritti necessari per formarsi
come cittadini prima di pensare a funambolici quanto fumosi progetti apparentemente economistici.
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